lunedì 24 maggio 2021

Racconti dall'Aldilà

Il Ciclope ha letto, il Ciclope ha scelto, ed ecco l'antologia 


Dalla prefazione a cura di Umberto Pasqui
Il contrasto tra racconto breve e narrazione dell'eternità è appassionante, gustoso, stimolante. 
Gli Autori che hanno risposto all'appello del Ciclope lo hanno fatto secondo il loro stile, secondo la loro sensibilità. L'unica concessione poetica è andata a Elisa Giusto che con il suo brano intende ricordare un amico estimatore dei suoi versi che è venuto recentemente a mancare. Il racconto di Enrico Teodorani conferma lo stile cui ha abituato i lettori, atmosfere rurali e inquietanti nei pressi di cimitero collinare. Francesca Paolucci conduce in un'osteria popolare della Romagna sanguigna e vendicativa. Andrea Teodorani narra le orrende conseguenze di un tentativo di furto con scasso. Con crudezza, Mike Vignali presenta una storia tra incubo e realtà.  Ivo Ragazzini regala, invece, una storia dagli accenti lirici e amorosi. Il racconto di Enrico Arlandini offre pure un'interessante riflessione escatologica. Marco Polli, invece, rievoca il grande sport d'altri tempi. Con Isabella Galeotti si legge un saggio di fantascienza lombarda. Marco Pugacioff accompagna nella magica Scozia. Fausto Scatoli invita a non aver paura di varcare quella porta...
Infine, un mio modestissimo testo che più che altro pare una “fumosa” riflessione. 
Insomma, le voci che hanno voluto lasciare qui una traccia della loro creatività hanno donato storie dove la morte viene declinata in ogni modo: come confine, come attimo, come passaggio, come paura, come limite angosciante, come liberazione. E poi? Cosa ci sarà? Sarà possibile attraversare questo confine permettendosi, di tanto in tanto, un ritorno? È un confine che apre a mostruosità? È un ponte verso la felicità senza tempo né spazio? Sono, queste, domande che restano aperte.
A settecento anni dalla morte di Dante, il Ciclope ha voluto addentrarsi nell'Oltretomba, lasciandosi stimolare dalla suggestione che il Sommo Poeta ha condensato nella sua Commedia, giustamente considerata Divina. 
È un tema antico come l'uomo: le Piramidi sono lì a testimoniare l'enigma del trapasso e la certezza del dopo, e così l'arte sottile e premurosa dell'imbalsamazione. Le religioni hanno sempre nutrito una solida speranza nell'aldilà. E non si tratta di “oppiacei” o “analgesici” per eludere il salto nel buio ordinato dalle Parche, una delle quali era deputata a “tagliare” il filo della vita e quindi a interrompere di netto la trama terrena. La vita, infatti – ed è una costante in pressoché tutte le culture di ogni tempo – si trasforma ad ogni respiro, fino all'ultimo. 
Ogni parte del corpo, finché siamo in vita, si rinnova, cellule nascono, cellule muoiono, verso l'inesorabile e completa ossidazione. Dopo la morte alcune cellule continuano a vivere molte ore dopo la morte, addirittura ci sono geni che si attivano dopo l'ultimo battito, accendendosi nel cervello quando ormai siamo nella bara. Il loro compito, in effetti, è quello di ripulire i danni nel sistema nervoso; potrebbero farlo per prepararci a un'altra dimensione, a un altro mondo? Insomma, pare evidente che la vita si trasformi, e il viaggio prosegua altrove...

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